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    fan Fiction!

    Red Apple
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    Messaggio Da Red Apple Dom Feb 17, 2008 11:32 pm

    Per chi vuole scrivere le fan fiction può farlo qui!! Contattatemi pure per informazioni varie!
    Ishramit
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    Messaggio Da Ishramit Dom Feb 17, 2008 11:46 pm

    Bene, allora ecco qui il primo capitolo della mia storia...

    Un libro insolito

    “Non è possibile! Ho studiato lingue e scritti per anni e non ho mai visto niente del genere!” mi disse il linguista in quel momento…
    E, in effetti, ogni parola era scritta in lingua diversa e cambiava continuamente forma...
    Ricevetti questo libro la scorsa notte da un ragazzo molto strano… beh, faceva quasi paura…
    Mi si avvicinò di soppiatto durante la notte e mi si parò davanti… non poteva essere reale, era completamente coperto di ferite e sangue, si sangue, il sangue brillava nei suoi occhi, non poteva essere ancora vivo…
    Così, ad un certo punto, parlò, cioè io sentii la sua voce poiché la bocca non si apriva, la sua espressione non cambiava… però io sentii lo stesso:”Questo mondo sta per finire Andrea devi ascoltarmi…” e io spaventato ribattei:”Come fai tu a sapere il mio nome?” e subito ebbi risposta: “Questo non ti riguarda devi solo ascoltarmi…” e io feci cenno di si:”E’ giunto il momento che tutti voi sappiate cos’è veramente successo in questo universo per tutta la sua esistenza, ho raccolto le mie memorie in questo libro… spero ti sarà di aiuto.” E detto questo sparì…
    Beh, ora me ne ritorno a casa sicuro del fatto che non saprò mai cosa voleva dirmi…
    Entro in casa, sono stanchissimo, e, appena metto piede in camera, ecco che succede un’altra volta… questa volta però sembra in piena salute, indossa un lungo cappotto nero con il cappuccio e non c’è traccia di sangue. Si toglie il cappuccio così che possa vedere i suoi capelli neri e mi dice, questa volta normalmente:”Così non riesci a leggere l’antica lingua che si parla ancora nel posto da voi chiamato oltretomba… in questo caso, porgimi quel libro…” gli porgo il libro e lui pronuncia alcune parole che prima d’ora non avevo mai sentito, forse appartengono a quella lingua di cui mi ha parlato… Così mi riconsegna il libro dicendo: ”Ora potrai capire quello che è scritto in questo libro dato che l’ho tradotto nella tua lingua “ e in un attimo scompare dalla mia vista…
    Mi risveglio nel mio letto, che sia stato tutto un sogno? La risposta giunge subito ai miei occhi…
    Il libro è lì a terra ora, sulla copertina c’è un simbolo la cui vista mi turba molto…

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    Messaggio Da DarkAngel Mar Feb 19, 2008 10:51 pm

    Questa è la mia ff completa, spero k vi piaccia, visto che nn sn molto brava spero che venga apprezzato il mio impegno.

    VITA

    CAP I
    Quel giorno segnò la sua vita.
    Sembrava una normale mattina d’inverno e la giovane Lucia si dirigeva verso scuola, come sempre aspettava ansiosa di svoltare l’angolo infondo alla strada per poter incontrare Michele.
    -ehi, ciao Lucia!- disse il ragazzo andandole incontro osservandola con il suo sguardo, quasi magnetico.
    Arrossì.
    -C-ciao… andiamo a scuola?
    -Certo!- disse- Sai, ieri ho sentito che oggi avrebbero cambiato i posti in classe… finalmente! Magari stavolta capito vicino ad una bella ragazza!
    -… Già- e sicuramente non sarò io pensò, la fortuna non sta mai dalla mia parte.
    Girò lo sguardo e i suoi occhi blu incontrarono quelli dei ragazzo, e ripensò al loro primo incontro…
    Era stato qualche mese prima, il primo giorno di scuola Lucia era decisamente tesa. Era in ritardo per la lezione e correndo per il corridoio cadde rovinosamente.
    -Che male!
    Una mano prese la sua –Ehi, ti sei fatta male?
    -No…Gr…- alzò lo sguardo- …Io… - oddio, quanto era bello- Sto benissimo, grazie!
    Ah, che figura! Con un bel ragazzo poi… non potrò mai guardalo in faccia, anzi sarà lui che non mi rivolgerà la parola.
    Invece il giorno dopo l’aveva rivisto, avevano scherzato della caduta del giorno prima, avevano scoperto di essere vicini di casa… e avevano incominciato una bella amicizia. Almeno, così doveva essere all’inizio, ma Lucia presto se ne innamorò.

    -Luciaaaa! Sei nel mondo dei vivi??
    -Cosa!? Oh! Certo…- arrivarono nell’atrio della scuola.
    -Io vado! Ci vediamo in classe dopo!- disse il ragazzo sventolando una mano mentre sorridente correva per il corridoio.
    Certo che Michele è proprio un bel ragazzo. Occhi verdi, magnetici, profondi, unici. Capelli Castani, sempre perfetti. Un fisico atletico. Non riuscirò mai a conquistarlo si disse la ragazza che osservava il suo riflesso nel vetro delle finestra. Vedeva i suoi lunghi capelli neri che volteggiavano nell’aria, cullati dal brezza proveniente dalla porta lasciata socchiusa.
    Forse si sottovalutava.
    Non era male come ragazza… anzi, era una ragazza speciale, ma lei ancora non lo immaginava.
    Driin! Driin!
    -Ahhh! La campanella! Devo correre in classe!- corse veloce per il corridoio, trovandosi davanti alla porta dell’aula. L’aprì di scatto e…
    -Ahia! Brutto… - alzò lo sguardo –Oddio, Scusa Michele ti ho sbattuto contro!!
    Il ragazzo incrociò le braccia, appoggiandosi alla porta e assumendo un’espressione imbronciata.
    - Che bel modo di ringraziarti! Volevo venire a cercarti perché il profe sembrava spazientirsi per il tuo ritardo!- e si girò.
    - Scusa!! Ti prego!- implorò con le mani giunte.
    -Eh… va bene. Oramai ti conosco…
    Il professore richiamo l’attenzione di tutti gli alunni.
    -Ragazzi come ben sapete oggi cambieremo i posti in classe, potrete controllare nel foglio appeso alla lavagna.
    Appena ebbe finito gli studenti, quasi fossero un gregge di pecore, si ammassarono alla lavagna…
    Si alzarono esulti, ma anche lamentele. Lucia controllò il suo posto e andò a sedersi, chiedendosi chi sarebbe stato il suo compagno di banco.
    -Lucia!- disse una ragazza.
    -Oh, ciao Tania! – notò la presenza di un’altra ragazza – Ciao anche a te Valeria!
    -Allora amica mia… raccontaci! Qualche progresso con Michele? – disse la prima portandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
    -Macchè. Ora sta già flirtando con la sua nuova vicina di banco. – sospirò – che sfortuna!
    - Dai, guarda meglio! – disse Valeria sfoggiando un ghigno sul viso.
    - Che intendete?
    Un ragazzo si piazzò accanto a Lucia lasciandosi cadere sulla sedia.
    -… E io che volevo una bella compagna di banco… - disse sbuffando.
    -Michele!
    - Che c’è? Visto? Quest’anno dovrò accontentarmi di te come vicina di banco, vabbè, almeno potrò copiare i compiti in classe.
    Lucia era stupita… Michele, QUEL Michele accanto a lei! 6 giorni a settimana per 6 ore giornaliere! Ah, i miracoli esistono!
    -Ora ragazzi prendete il libro di matematica! – incitò il professore.
    -Ehi, Lucia, Michele? Ci vediamo più tardi – dissero le due ragazze che erano rimaste accanto a Lucia tanto per ficcanasare.
    Le ore accanto a Michele passavano più velocemente del solito, inoltre essendo infondo alla classe potevano approfittarne per chiacchierare…
    -Ah, questa lezione è noiosissima! Poi ho perso le ultime spiegazioni quindi manco so di cosa sta parlando!
    -Vuoi i miei appunti?
    -Bhè, se ti va di prestarmeli – disse sbuffando.
    -Ok, senti te li porto oggi a casa!
    - Sono fuori oggi, se vuoi potremmo incontrarci al parco alle 4 – bisbigliò pensieroso.
    -Cosa? – oddio, magari fosse un appuntamento – Bhè… - arrossì – certo! Oggi al parco allora, davanti al Bar Moderno.
    -Ok. – ed entrambi si girarono fingendo di provare interesse per la lezione di biologia.

    CAP II
    Pomeriggio. Le quattro. Un parco stranamente deserto, se non fosse per quel ragazzo che fissava, per la quinta volta, ansioso il suo orologio. Cercava ogni secondo una posizione più comoda, muovendosi sulla panca su cui si era seduto, all’ombra di un grande albero.
    Osservava, poco lontano da lui, il Bar Moderno. Non era molto affollato, i pochi clienti stavano guardando la partita di calcio dal maxi schermo appeso alla candida parete. Capì subito quando una delle due squadre, la preferita dei clienti e del personale, ebbe fatto un gol, infatti si levarono esulti e tutti in fila, sfoggiando cappellini colorati e fischietti, si misero a ballare per il locale, facendo un trenino ed urlando “popopopopopo…!”.
    Distolse l’attenzione da quella patetica scena, e trovò molto più interessante il suo orologio. Mh, 4 e 15.
    Guardò il cielo e si ritrovò a pensare ad alta voce.
    -Ma dove diavolo è finita quella ragazza! Sapevo che non era tanto affidabile… Uff. – sospirò, passandosi una mano sulla fronte – ma chi me lo ha fatto fare!
    Stava per andarsene, ma dei lamenti provenirono dal bar. La squadra avversaria avrà fatto gol si disse.
    - Ma che cacchio succede! Dov’è la partita! Come osano interrompere tutto per uno speciale del tg locale!-
    Cosa? Un’edizione speciale? …Magari è caduto il governo… Macche, No. Michele, incuriosito corse verso il bar, entrò e stette a sentire.
    - Gentili telespettatori, scusate per l’interruzione, ma è successo un fatto di cronaca molto spiacevole, uno dei palazzi di un quartiere molto noto è andato a fuoco. E’ il numero 5 di Via Verdi… ci sono vittime. I loro nomi non sono ancora accertati.
    Michele, si mise a pensare, Via Verdi? Mh… l’ho già sentita… ma certo! E’ dietro la mia via! E il numero 5…
    Strabuzzò gli occhi. Non poteva essere. La casa di Lucia!
    Non pensò neanche. Corse. Corse. Più veloce di quanto avesse mai fatto. Corse. Corse distratto. Troppo distratto.
    Preoccupato per la sua amica, con le lacrime agli occhi, al pensiero di quello che poteva essere successo a quella ragazza tanto solare e gentile, si muoveva senza guardare, senza pensare a lui.
    Solo a lei, alla sua migliore amica. Solo quello, era solo un’amica? Era una domanda a cui aveva pensato spesso ultimamente, ma l’aveva ricacciata indietro, negli angoli dei suoi pensieri, come se ne avesse paura.
    Ma ora questo non era importante, doveva controllare che tutto fosse apposto. Che Lei stesse bene.
    Ma aveva dimentica dov’era lui. Era sulla strada, in un’ora di punta. Tanto traffico, troppo, per un ragazzo che, preoccupato, correva senza guardare troppo accuratamente la strada.
    Successe l’invitabile.
    Una distrazione. Un frenata. Un botto. Sangue. Urla.
    Michele correva, ed ad un tratto buio. Un dolore lacerante al petto. Un respiro sempre più debole. Voci non distinte.
    Un sussurro –Lucia… salvami…
    Poi, il buio.

    CAP III
    - Largo! Pista! Scusi signora, non volevo venirle addosso – ansimava – sono in ritardo!
    Ahhhhh! In ritardo al primo appuntamento! Che figura! Sono sicura che mi sentirò dire “Ecco Lucia non si può mai fare affidamento su di te!”... Uffa, come se fosse colpa mia se mia madre è talmente sbadata che si è dimenticata le uova al supermercato, e ho dovuto portargliele fin dalla nonna!
    Una folla in mezzo alla strada catturò la sua attenzione.
    -Ehi… ma? – si fermò.
    Una folla stava in mezzo alla strada, delle signore svenivano… i bambini piangevano.
    Si avvicinò.
    Bisbigli – E’ morto? L’ambulanza? – si fece spazio tra la folla.
    Spalancò gli occhi.
    Orrore.
    Paura.
    Terrore.
    -MICHELE! ODDIO MICHELE! – corse verso di lui, non curante del sangue che le sporcava i vestiti lo prese sul grembo.
    Paura. Lacrime. Gli toccò il polso.

    Nulla.
    - Michele… oh, Michele parlami, svegliati! – due braccia la alzarono da terra, e lei tentò di divincolarsi.
    -Signorina, siamo medici, portiamo il ragazzo in ospedale, stia calma. – disse con voce fredda.
    -Lei non capisce, lui è Michele… e non sta respirando! – e riscoppiò in lacrime, sentiva un dolore profondo al cuore, oltre alla paura di perderlo…
    Alzò lo sguardo, lo stavano caricando in ambulanza. –Vengo anche io con voi!
    -Signorina, non…
    -Stia zitto e non discuta! – disse arrabbiata, o meglio, disperata, mentre saliva sul mezzo.
    Le porte si chiusero, e l’ambulanza partì verso l’ospedale, sfidando il tempo.
    Al pronto soccorso Lucia non potè fare altro che aspettare in sala d’aspetto. Si guardò le mani, erano ancora sporche del sangue di Michele, ripensò ai bei momenti passati con lui, a come si sentiva bene… le scappò un sorriso.
    -Michele… - bisbigliò. – Non andartene…
    Un medico uscì dalla sala, Lucia si alzò di scatto e gli andò incontro.
    -Allora… come sta?- gli occhi erano rossi, gonfi, ma pieni di speranza.
    Il medico si limitò a scuotere la testa.
    Lucia si sentì mancare, si lasciò cadere a terra.
    E Urlò.
    Urlò tutto il suo dolore.


    CAP IV

    Buio. Oscurità. Non vedeva nulla.
    -Lucia…- un bisbiglio sofferente.
    Si spaventò, ma si lasciò guidare da quella voce, camminando cauta e lenta.
    -Chi sei? – disse guardandosi in giro, senza scorgere nulla.
    -Salvami…- un altro bisbiglio.
    Una mano le si posò sulla spalla.

    Biip, Biip, Biip.
    Aprì gli occhi di scatto, quasi spaventate.
    -Mmmhhh… ancora cinque minuti. Non voglio andare a scuola…
    La porta si aprì –Forza Lucia, la colazione è pronta, scendi!- le disse la madre.
    -Uffi… arrivo. – si tirò a sedere.
    Ancora quel sogno. Ancora una volta. Erano quasi due settimane che la notte faceva sogni strani, e ogni volte erano più ricchi di particolari.
    Si mise al mano al mento pensierosa –Cosa vorranno dire questi sogni?

    Mentre andava a scuola, sempre di corsa per il suo ritardo, ripensò a quello che era successo negli ultimi mesi.
    La sua casa era andata in fiamme, una signora si era addormentata con la sigaretta accesa… per fortuna sua madre era dalla nonna e suo padre al lavoro… Comunque per un po’ sarebbero tutti rimasti a casa della cara nonna Maria, che abitava nella stessa via del loro vecchio appartamento.
    Arrivò all’angolo infondo alla strada.
    Anche questa mattina si aspettava di trovare Michele che la rimproverava per il ritardo, invece non c’era nessuno.
    Sospirò… anche se erano passati mesi il ricordo di quel ragazzo non era sparito, diceva sempre che lui non se ne era andato, che sarebbe stato con lei per sempre nel suo cuore.
    Ma non era la stessa cosa.
    A scuola la trattavano diversamente, nessuno sapeva come comportarsi con lei…
    Sentì la campanella dal cortile, e si mise a correre, riuscendo ad arrivare in classe in tempo.
    Si sedette al banco, sapendo che quello accanto al suo sarebbe rimasto vuoto.
    -Ehi, Lucia? – si avvicinò Valeria.
    -Ciao…
    -Come ti senti? – disse dolcemente.
    -Stanotte non ho dormito molto bene.
    -Oh, capisco…
    Dalla porta entrò il professore, che prese subito a spiegare la lezione, dopo aver fatto tacere gli alunni.
    La giornata proseguì normalmente, ed all’uscita da scuola incontrò Alessandro, il migliore amico di Michele.
    Con lui non aveva mai avuto una discussione seria fino al giorno dell’incidente, dopo il quale si erano costruiti un’amicizia, nata dal fatto che volevano consolarsi a vicenda.
    Il ragazzo, non troppo alto, con capelli scuri le si mise accanto, e la scrutò con due occhini profondi.
    -Dimmi… ti senti meglio?
    -Bhè, meglio… tu?- disse girandosi verso di lui.
    -Non male…- sospirò- Domani sono 5 mesi…
    Lucia strinse le mani a pugno – Già… andiamo a trovarlo?
    -Ok, vengo a prenderti alle due.


    Buio. Oscurità. Non vedeva nulla.
    -Lucia…- un bisbiglio sofferente.
    Si spaventò, ma si lasciò guidare da quella voce, camminando cauta e lenta.
    -Chi sei? – disse guardandosi in giro, senza scorgere nulla.
    -Salvami…- un altro bisbiglio.
    Una mano le si posò sulla spalla e delicatamente le percorse il braccio fino a prenderle la mano.
    -Sono io Lucia.
    -Ma… io chi?
    -Io…


    Ancora, di nuovo quel sogno. Non è possibile… eppure sta succedendo!
    Din Don.
    -Eh! Il campanello! Arrivo!! – scese le scale, aprì la porta.
    -Ciao Lucia
    -Ciao Ale, andiamo- disse prendendo dei fiori che teneva in mano.
    -Certo.
    Stavano andando a trovare Michele al cimitero, era difficile andare in quel luogo per Lucia, ma sentiva di doverlo fare. Arrivò davanti ad una lapide bianca.
    Michele Bosetti.
    N 12/08/92 M 18/12/07
    Sarai sempre nei nostri cuori, i tuoi Cari.

    Posò i fiori, giunse le mani e pregò. Lo stesso fece Alessandro. Appena ebbero finito rimasero lì a contemplare il sorriso di Michele nella foto accanto al nome. Era stata scattata l’estate prima, in piscina.
    Entrambi sospirarono e se ne andarono. Camminavano vicini, e ad un certo punto Alessandro le prese la mano, Lucia la strinse. Era confortante avere un amico come lui accanto.
    Lo guardò e le sorrise.
    -Grazie Ale…
    -Prego, soffriamo tutti e due, dobbiamo aiutarci, ed essere buoni amici, Michele vorrebbe così.
    Annuì sorridendo.


    EDIT: LA DEVO DIVIDERE XKè è TRP LUNGA.
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    Messaggio Da DarkAngel Mar Feb 19, 2008 10:52 pm

    CAP V

    Buio. Oscurità. Non vedeva nulla.
    -Lucia…- un bisbiglio sofferente.
    Si spaventò, ma si lasciò guidare da quella voce, camminando cauta e lenta.
    -Chi sei? – disse guardandosi in giro, senza scorgere nulla.
    -Salvami…- un altro bisbiglio.
    Una mano le si posò sulla spalla e delicatamente le percorse il braccio fino a prenderle la mano.
    -Sono io Lucia.
    -Ma… io chi?
    -Io…
    La mano si strinse con forza, e subito dopo la lasciò. Non c’era nessuno in giro.
    Si guardò la mano.
    -Ma… un orologio? – nelle mani Lucia teneva un orologio, che incominciò ad emettere una luce pallida…
    Le lancette cominciarono a girare.
    -Ehi, ma tornano indietro da sole! Che succede?!
    Ancora un bisbiglio.
    -Salvami!


    Di scattò si alzò, sudata, con il fiatone.
    -Oddio, è sembrato… reale.
    Si alzò, si vestì e scese le scale. Sua madre la guardò mentre usciva di casa.
    -Ehi, signorina! Dove vai senza giubbino! Siamo a Dicembre!
    -Eh? Ma che dici! Siamo a Maggio mamma!
    La madre si girò scocciata, pensando che sua figlia volesse prenderla in giro.
    -Mha…- spalancò la porta e dell’aria gelida la fece rabbrividire.- Oh, che freddo! Sembra dicembre sul serio!
    -Cara, ma siamo a dicembre! Non stai bene?
    -Ehm… sto benone – diede una occhiata al calendario e rabbrividì.
    Era il 18 dicembre?
    Prese il quotidiano posato sul giornale.
    18 dicembre.
    Nha, non era vero, rilesse.
    18 dicembre.
    -COSA???- urlò Lucia.
    -Cosa c’è cara?
    -Ehh, nulla, nulla, vado a scuola.
    Come era possibile? Era tornata indietro nel tempo? …Anche nel sogno… le lancette giravano indietro… ma perché sono tornata indietro?
    Arrivò all’angolo infondo alla strada.
    Si fermò.
    C’era… Michele.
    -Ehi, Lucia! Sbrigati a venire! E’ tardi e oggi cambiamo posti di banco!
    Lucia lasciò cadere la cartella, corse verso di lui e lo abbracciò.
    -Michele- nascose il viso sulla sua spalla – mi sei mancato!
    -Lucia? Ehi, non ci vediamo da 12 ore!
    -Oh, certo!- si staccò da lui – ovvio.
    Ecco… l’aveva capito… ecco cosa doveva fare… salvare Michele.
    Aveva capito.

    A scuola… tutto si svolse come quel giorno.
    Solo che all’uscita da scuola…
    -Ehi, Lucia!
    -Alessandro?
    -Ma… che è successo?
    -Ma, allora tu ti ricordi?
    -Si… ma che sta succedendo?
    Lucia le spiegò tutto, dei sogni, del suo compito. Appena finì Alessandro si diede un pugno al petto.
    -Ovvio… io ti devo aiutare! Altrimenti perché ricorderei?
    -Ehm… non saprei…
    -Dai- le prese le mani – lasciati aiutare – disse in tono supplichevole.
    -Ok…
    -Allora… che si fa?
    -Bhè… dobbiamo evitare che Michele oggi si muova dal parco.
    -Semplice! Basta che arrivi puntuale!
    -Eh.. impossibile… mia mamma vorrà che vada a prendere le uova…
    -Ah, allora dobbiamo fare in modo che lui non venga a cercarti.
    -Il mio palazzo dovrebbe andare in fiamme…
    -Dovrebbe?
    -Forse possiamo fare in modo che questo non accada…
    Si strinsero la mano.
    -E’ deciso.

    Pomeriggio. Le quattro meno un quarto.
    Davanti all’ingresso del palazzo Alessandro e Lucia si incontrarono. La ragazza invece di correre da Michele doveva fermare l’incendio che si sarebbe sviluppato… per poi andare all’appuntamento scusandosi per il ritardo.
    -Appartamento… 35. E’ lì che l’incendio divamperà.
    -Andiamo Lucia!
    Presero l’ascensore. Bussarono. Nessuna risposta.
    -Ehi, Lucia, si sarà già addormentata?
    -Ma…non credo.
    Posarono l’orecchio alla porta.
    -Non c’è nessuno.
    -Ehi, Ale… sfonda la porta!
    -Cosa? Ma sei impazzita?
    -Su, uno sforzo!
    Alessandro prese la rincorsa. Una, due, tre volte. Nulla.
    Oddio.
    -Ale, del fumo!
    -Cosa!?
    -Deve essere l’incendio!
    Un’altra rincorsa. La porta cedette.
    -Copriti il viso con un fazzoletto!
    Si avventurarono nell’appartamento, già pieno di fumo. Una anziana donna era immobile sul divano.
    -Portiamola fuori!
    -Ale, pensaci tu! E chiama i pompieri! Subito!
    -Ma..
    -Vai!
    Alessandro si caricò a spalle la donna ed uscì.
    Lucia rimase lì, doveva provare a spegnere l’incendio, Michele non doveva sapere nulla. Andò in cucina, dove le fiamme non erano ancora arrivate e riempì dei secchi d’acqua buttandoli sulle fiamme.
    -Ahia! Mi sono scottata! Non funziona, meglio uscire!
    Andò verso l’ingresso, ma un mobile cadde, bloccandole la strada.
    -Oh, NO!
    -Lucia!! Dove sei?
    -Ale! Ale? Dove sei?
    Una mano la prese.
    -Qui, presto vieni che usciamo! – e corsero. Respirare era diventato molto difficile.
    Coff…. Coff. Lucia si fermò.
    Cadde, tossendo. Alessandro si fermò e capì che si trovava lì da troppo tempo. La prese in braccio e miracolosamente uscirono entrambi. Diedero dell’ossigeno a tutti e due e Lucia rinvenne.
    -Ale… coff, coff… guarda.
    -Cosa? Cosa Lucia?
    -Là…- indicò un gruppo di persone.
    Alesando si girò.. c’erano dei giornalisti, stavano trasmettendo il servizio che Michele aveva visto, ora probabilmente starà correndo da loro.
    -Alessandro, andiamo… coff, coff.
    -Ma…
    -Sto bene. Andiamo.- e incominciarono a correre.
    Michele era ancora in pericolo.


    CAP VI

    Lucia stava correndo vicino a Alessandro. Guardò di sfuggita l’orologio, erano le 4 e 15. Mancava pochissimo.
    Si guardò in giro, la gente passeggiava, i bambini giocavano, le coppiette si tenevano per mano.
    Nessuno immaginava che da lì a pochi istanti una ragazzo sarebbe morto.
    Mancava poco per arrivare a quell’incrocio.
    Alessandro si fermò di scatto, Lucia gli sbatte contro.
    -Ehi! – disse massaggiandosi il naso – perché ti sei fermato!?
    Il ragazzo non dovette rispondere, gli bastò segnare con il dito un’auto parcheggiata accanto a loro.
    CJ2513VC. Una auto sportiva blu.
    -Ale! Ma… è l’auto del pirata che investirà Michele?
    Alessandro deglutì – Credo di si…
    Il ragazzo si passò una mano sui capelli pensieroso, mentre si guardava in giro, cercando il volto dell’uomo che tante volte aveva visto sui giornali.
    Si girò per discutere con Lucia, ma…
    -Lucia, che combini?
    -Non vedi? Da piccola usavo questo metodo per aprire la porta di camera mia quando ero in punizione… magari funziona anche per la portiera…
    -Ma… è contro la legge!
    La ragazza lo guardò –Ma chi se ne importa…
    La serratura scattò.
    -Voilà!Su entriamo!
    -Cosa!?
    Lucia prese il ragazzo per il braccio e lo fece entrare bruscamente in auto, per poi entrare anche lei.
    -C'è quell’uomo! Alessandro! Non guardare, stai giù!
    La portiera si apri, un uomo, evidentemente ubriaco, accese l’auto, per poi partire con una sgommata.
    -Ehi, Lucia!-bisbigliò il ragazzo – devi proprio starmi sopra?!
    -Si, sennò mi vede… e non approfittarne, sai?
    Arrossì – In che senso!?
    -Tanto per cominciare togli la mano da lì.
    -Scusa… Uff.
    -Ehi! Ma che facciamo! Stiamo chiacchierando e fra poco arriverà Michele!!
    -Ah, già… che si fa!?
    -Lascia fare a me…
    -Ecco, il tono con qui lo dici non promette nulla di buono.
    L’uomo alla guida incominciò a parlare… anzi gridare cose senza senso.
    -E la vita l’è bela! Ehi, brutto moccioso togliti dalla strana.. io ti… io ti… stiro! Ahaha. Oh, vita mia! Ahha…
    -Ehi, Lucia! Ha parlato di un moccioso! E se fosse…
    -Non lo permetterò! – e mentre disse queste parole si lanciò sui sedili anteriori, prendendo il volante in mano e sterzando verso destra, schiantandosi contro la vetrina di un negozio.
    Michele era salvo, e ora guardava la scena dell’incidente.
    Ma… all’interno dell’auto…
    -Coff… coff…Lucia, Lucia, dove sei? – Alessandro si fece spazio tra polveri e vetri, tenendosi il fianco. Un coccio di vetro lo aveva ferito vistosamente, visto che la camicia bianca era coperta di sangue.
    Trovò Lucia, era svenuta, gli dava di schiena. Cercò di chiamarla dandole dei leggeri colpi sul capo.
    Ma… sangue. La sua mano era sporca di sangue.
    -Lucia! – la prese tra le braccia. Aveva un profonda ferita alla testa. –Aiuto! E’ ferita! Aiuto! – urlò cercando di farsi sentire dai soccorritori, che non tardarono ad arrivare.
    Vennero caricati sull’ambulanza, le condizioni di Lucia parvero subito gravi.
    Michele era con loro, teneva la mano a Lucia per farle forza.
    -Lucia! Parlami! –con una mano si asciugò delle lacrime – Mi hai salvato… quell’auto stava per investirmi… Grazie Lucia… ma tu non dovevi pagare per me.
    Alessandro cercò di parlare –Miky, sei fortunato, lei ti vuole molto bene…
    -Oh, Alessandro… grazie anche a te.
    -Prego amico mio…
    Arrivarono in ospedale, Lucia fu subito portata in sala operatoria.

    -Le condizioni della ragazza sono gravi- disse il medico che operava la ragazza. –ha perso molto sangue.
    Maneggiò con cura strumenti, e con mano ben ferma cercava di salvare la vita di Lucia.
    -Pressione?
    -Nella norma, dottore.
    -Battiti?
    -A posto.
    Ad un certo punto si sentì un suono acuto e lungo.
    -Un’emorragia! Presto, il defibrillatore, rischiamo di perderla!

    CAP VII
    Intanto Alessandro si trovava in una stanza che gli avevano assegnato, dopo averlo adeguatamente medicato.
    Aveva lividi e graffi per tutto il corpo, niente di serio comunque.
    Accanto a lui, Michele tamburellava con le dita sul letto. Alessandro gli aveva raccontato tutto quello che era successo, dalla sua “morte” ad ora.
    -Sembra così assurdo- disse scuotendo la testa.
    -Lo so… eppure… - si interruppe, Michele stava piangendo, poteva distintamente sentire i suoi singhiozzi.
    -E’ colpa mia! E’ colpa mia se Lucia rischia la vita!
    Alessandro gli diede una pacca sulla spalla. –Lei ha voluto rischiare la vita per te. Poteva non farlo. Ma lei… ti vuole molto bene. Lei ha voluto cambiare il tuo destino.
    La porta si aprì. Entrò un medico.
    -Ragazzi, la vostra amica è stata operata. Abbiamo fatto il possibile per lei. Ma, mi dispiace molto. – e abbassò il capo.
    I due ragazzi si pietrificarono alla notizia.
    -C-come?
    -Ecco… aveva perso troppo sangue. Mi dispiace. – uscì dalla stanza, non sapendo che nel cuore dei due ragazzi aveva lasciato un vuoto incolmabile.
    Le lacrime volevano a tutti i costi uscire per rigare il loro viso e provare il loro dolore, ma decisero entrambi di non farlo. Volevano farsi vedere forti.
    Solo quando si ritrovarono da soli, poterono sfogarsi.

    EPILOGO
    Era passato un anno. Entrambi i ragazzi avevano nel cuore ancora quella dolce ragazza di nome Lucia, generosa e coraggiosa, pronta a battersi fino alla fine per quello a cui tiene.
    Alessandro e Michele erano nella loro stanza, che la luce della luna piena illuminava.
    Si avvicinarono alla finestra… e dalla loro stanza entrambi videro una stella cadente.
    Avrebbero tanto voluto esprimere un desiderio, quello di rivedere Lucia.
    Ma si limitarono a sorridere…
    -Ti voglio bene Lucia…- dissero contemporaneamente, bisbigliando.
    Sapevano che da qualche parte le loro parole sarebbero arrivate.

    “Sono convinto che anche nell'ultimo istante della nostra vita abbiamo la possibilità di cambiare il nostro destino."
    Giacomo Leopardi


    FINE
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    Messaggio Da boromir Ven Feb 22, 2008 2:14 am

    Su richiesta di Vercingetorix,ancora impossibilitato ad accedere al forum,pubblico il suo scritto:
    LIBERATIO

    I Capitolo
    La venuta
    Quel tuono rimbombò sonante nel cupo cielo... Le rondini eseguivano strani versi, che, forse, utilizzavano per condividere il dolore di coloro che erano restii a godersi quell'aspro panorama; quello di una città desolata, distrutta da tutto ciò che quell'animale meccanico qual è l'uomo non è mai riuscito a comprendere. Odi solamente qualche passante bestemmiare e sparlare di chi ha previsto loro questa vita.
    Le bandiere che si trovavano su quell'enorme edificio erano profonde cicatrici sul volto di chi ha subito gravi danni: gli abitanti di una terra dimenticata da Dio.
    La sua sabbia era stranamente densa, come se l'amaro rosso dei neri si fosse fuso con quel minerale.
    Intanto la giornata prosegue lentamente in quella piccola cittadina della Nuova Guinea, una cittadina tanto piccola quanto grande, come lo sono i cuori di chi si impegna a guadagnare un posto nella casa di Dio.
    E' proprio in quella casa, quella che tutti hanno apprezzato per il valore semantico, che si rifugia un ragazzo, quale, ex soldato,è restio a farsi perdonare ogni peccato, e ad interagire con colui che, forse, unicamente lo ama.

    << Kamir, aiutami a sollevare questa maledetta sedia!>>esclama Antoine, ricordato da tutti come un uomo di vecchio stampo, poco paziente, caratterizzato da un comportamento diseducativo e, semplicemente, burbero nei confronti di tutti. Kamir si accinge ad aiutarlo, cosa che, in cuor suo, sente malvolentieri. Sbrigata la sua breve faccenda, si appresta ad avvicinarsi alla finestra, mirando quel desolante panorama: << La venuta di un Messia sarebbe la nostra unica salvezza>> esclama tristemente.
    Nei suoi occhi, si riflettevano le immagini di coloro che erano vittime dei loro stessi errori, errori che avrebbero segnato il loro destino di uomo,rendendoli semplicissimi animali meccanici. Kamir continuava a pensare di come questo spregevole essere avesse distrutto quello che Dio gli ha generosamente donato, nel tentativo invano di dimostrargli del bene. Quel giovane ragazzo era da sempre considerato un Romanticista per i suoi profondi pensieri, ma mai avrebbe pensato che in quel giorno la sua vita sarebbe cambiata grazie ad un eccentrico individuo.

    Ore 18:54
    Il maltempo continuava ad allagare le anime, e la pioggia tentava di purificarle. Kamir era ancora nella casa di Dio, aspettando con ansia il ritorno di un padre reduce dalla guerra, un guerra che, purtroppo, l'ha sottratto dall'arido vero, riservandogli un posto in un luogo sicuramente migliore, luogo raggiungibile solo da coloro che erano “Uomini”. Un uomo che ha saputo dimostrargli bene, anche nel partire in guerra, per permettere, invano, un futuro migliore al suo unico figlio.
    Inconsapevole di ciò che fosse successo al padre, Kamir continuava a pensare che sarebbe ritornato.
    Durante quel lasso di tempo occupato dalle riflessioni di quel giovane ragazzo, si notò che le strade iniziarono ad affollarsi come non mai, e Kamir non ne sapeva dare una concreta risposta.

    Finalmente, tra i volti delle persone che affollarono la strada, se ne notò uno nuovo, apparentemente femminile, ma che presto, si rivelò maschile. Quello stravagante individuo raggiunse la Chiesa, e presto si capì che si trattava di un giovane prete, dell'età dai 18 ai 27 anni, dal fisico atletico, una carnagione mulatta, caratterizzato da colori abbastanza forti, non tipici di un prete, ma, d'altronde, non è l'abito che fa il monaco. Kamir ne fu immediatamente attratto, forse perchè, in lui, notò una certa somiglianza al padre, sia fisica che comportamentale.
    L'uomo raggiunse l'abitacolo, per riunirsi con Dio a modo suo, cosa che non faceva da circa 4 anni.
    Passarono circa 20 minuti prima che uscisse nelle tipiche vesti di prete. Successivamente raggiunse la camera confessionale, attendendo che qualcuno si accingesse a rivolgersi a Dio, per punire i propri peccati. Seppur Kamir fosse ancora un ragazzo in fase di catechesi, desiderava tanto parlare con quell'uomo, per liberare tutto ciò che ormai era ospitato dal suo corpo da circa 4 mesi.
    La prima persona che raggiunse il parroco fu Antoine, cosa perlopiù logica, poiché era forse l'unico a commettere più peccati di quanti ne commettesse una feroce belva nei confronti di un piccolo animale.
    Senza badare a quelle che Antoine considerava “Inutili adulazioni”, ovvero le presentazioni, confessò al padre tutto ciò che riteneva scorretto avesse fatto in quei 4 mesi, cose sicuramente inverosimili, poiché di peccati ne aveva compiuti molti altri. Il padre, nonostante fosse un uomo rispettoso, notò immediatamente quanto Antoine fosse “lurido”.
    La sua confessione durò meno di 5 minuti... E ciò dovrebbe esservi d'esempio a ciò che v'ho detto precedentemente!
    La seconda persona a raggiungere il confessionale fu la signora Monroe, la quale era riconosciuta da tutti come la “Madre di ogni bambino” per il suo buon carattere affettuoso e sensibile, come quello di una madre. Mentre lei si apprestava a raggiungere il Padre, tutti si meravigliarono di cosa avesse fatto per peccare una così buona donna. Basta poco per capire che i suoi erano peccati relativamente ignobili e disumani, cose che anche un prete, forse, fa durante il giorno.
    Furono tantissime le persone che vollero purificarsi, ma non troppo degne di cotanta attenzione rivolta, invece, alle due precedenti.

    Capitolo 2
    Victoriam Speramus
    Il cuore di Kamir fremeva all'idea che i suoi peccati fossero liberati, soprattuto da un uomo che ha donato la felicità ad un ormai distrutto popolo.
    La speranza che la religione attuasse un una vittoria sui suoi peccati era tale da costringerlo a guardare continuamente nei colori dal colore dell'iride del Parroco.
    La fila di innumerevoli persona era ormai disfatta e, Kamir, decise di raggiungere quell'uomo.
    Finalmente fu il suo turno.
    Padre Noa'p, nome che fu presto rivelato dal Parroco, fu sorpreso dall'essere raggiunto da quello straordinario bambino, poiché, di solito, era strano che un ragazzino della sua età, in quella terra, avesse la forza di liberarsi dai suoi peccati, anziché andare in giro a torturare coloro che non conoscevano la parola “Crudeltà”, con i loro tipici Ak-7 e la loro tipica insicurezza e un'adolescenza turbata.
    Seppur consapevole di non poter assolvere un frequentante della catechesi, volle procurare felicità anche a lui.
    Il dialogo, presunto duraturo, iniziò.


    Capitolo 3
    La consapevolezza
    <<Mi meraviglia vedere un giovane come te qui, nel mio confessionale>>. Esclamò stupito il prete.
    <<Stupisce anche a me il fatto di essere stato spinto dal mio inconscio in questa impresa>>. Ribattè Kamir.
    <<Avanti, sentiamo figliuolo, cosa avresti da riferirmi?>>. Domandò, con un filo di ironia, Noà'p.
    <<Padre, ciò che sto per riferirle, sarà tanto strano quanto disumano. Non oso essere perdonato, poiché si tratterebbe, e di questo ne sono certo, di una cosa semantica, e non simbolica. Padre, io ho peccato in opere, parole e omissioni, ferendo il buon nome di Messia. Padre, se lei fosse Lucifero, in questo momento, mi avrebbe già accompagnato con lei nell'inferno>>. Queste affermazioni, fece notare al padre un livello d'eloquenza tanto altro quanto quello di pessimismo che erano tipici di Kamir.
    <<Tu, uomo, cosa avresti fatto per meritarti titoli araldici tanto spregevoli?>>. Domandò, in tono altezzoso, il padre.
    << 4 mesi, padre... ho atteso 4 inutili mesi il ritorno di mio padre, fremendo dalla voglia di poterlo riabbracciare e ripronunciare quella così bella parola: Papà. Padre, ho vissuto un periodo difficilissimo, in cui ho compiuto un'azione immorale, in cui ho scoperto d'essere un impuro ed estremamente fragile essere. Padre, le chiedo semplicemente d'ascoltarmi...>>. Affermò disgraziatamente Kamir, con un espressione che tendeva a riflettere il suo stato d'animo.
    << Kamir, è ciò che io t'ho chiesto in precedenza. Ovvio che io sia qui ad ascoltarti. Parlami come fossi tuo Fratello>>.
    << Padre, ciò che ho attuato in un difficile periodo di depressione, è autolesionismo: padre, mi sono ferito per placare la mia sofferenza interiore, seppur ora consapevole che sia una cosa sbagliata, ho preferito parlarne con lei, e riacquisire qualcosa di umano, poiché, di umano, non ho più nulla>>. Esclamò tristemente il ragazzo, cercando neglio occhi del prete il perdono alle sue male azioni.
    <<Kamir, sappi una cosa: di umano avrai sempre la consapevolezza d'esserlo. Per ciò che riguarda il tuo peccato, degno di questo nome, bisogna fare un lungo discorso:
    Se fossi stato uno di quei tipici preti che preferiscono rifugiarsi in Dio per il puro piacere di essere riconosciuti uomini, ti avrei sicuramente ignorato, ma, non essendo uno di quegli individui, ho preferito ascoltare ciò che tu avessi da dirmi. Ed ora che lo so, posso assicurarti che è una cosa adatta solo a persone fragili, e di queste persone, ce ne sono molte, per cui, non puoi considerarti disumano. Kamir, ciò che ti sto dicendo, non è che ciò che tu abbia fatto non sia un peccato, ma sto tentando di convincerti che questo tuo gesto non ha ferito te, ma colui che ti ama: Dio. Perchè farlo, seppur consapevole di questo? La rsposta già la conosco: “Perchè io sono sicuro che lui non mi ama”. Ti sbagli, Kamir, ti sbagli di grosso... lui ama tutti, indistintamente da chi ha peccato di più o di meno. Il tuo gesto, è stato sicuramente ingiusto, ma in questo caso, Dio conta poco nel farti riguadaganre la pace interiore: “La pace non è impossibile, la pace è un sogno, bisogna, però, saper sognare”. Quel tuo condannabile gesto, si lega prettamente alla tua insicurezza interiore, un'insicurezza che può essere guarita. Kamir, renditi semplicemente conto che hai ferito chi ti ama, e non solo te stesso>>.
    Negli occhi di Kamir ritornò un riflesso divino, quello a cui gli occhi erano abituati ad assistere. Le parole del prete riuscirono a fargli riconquistare la pace interiore, ma ancora un dubbio lo persuadeva. Infatti, chiese lui <<Perché Padre, perché aiutare me? Perchè lo ha fatto?>>. Chiese dubbioso Kamir.
    << Kamir, non bisogna porsi domande troppo complicate, poiché ti verrà sempre e solamente data la risposta più sentita:
    “Perchè ti amo in quanto essere vivente e umano”.


    Capitolo 4
    La pace interiore
    A quelle parole, il cuore di Kamir si riempì di gioia come non mai, cosa che non succedeva dall'abbandono del padre.
    L'abbraccio verso il prete fu così spontaneo, da sorprendere chiunque fosse presente. Noà'p, non potè fare a meno di farsi gocciolare qualche lacrima dal suo liscio volto, e Kamir altrettanto.

    Ormai erano passati due giorni da quella giornata che segnò il cuore di Kamir, e il prete dovette continuare il suo viaggio verso la pace interiore, curando le malattie dei peccati di ogni uomo.
    Vista partire la carrozza del Prete, Kamir la salutò con una dolce lacrima, che accarezzò il suo grazioso viso.
    E intanto, si recava alla finestra della Chiesa, tentando di veder tornare il padre...
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    Messaggio Da Lord Of Dwarf Ven Feb 29, 2008 12:05 am

    Questo è il primo capitolo della mia storia mi fa piacere che la leggiate perchè sarà l'inizio del mio libro.
    Contattatemi via Msn o messaggio privato.Ciaoooooo



    Cap I
    Il Principio

    <<Capitano che dobbiamo fare?>>urlò un generale a Darsilius,lui lo zittì con una mano e proseguì imperterrito verso l’altare di Yvotar, ripensando agli avvenimenti dei giorni passati.
    Lui e il suo battaglione di ribelli avevano veleggiato senza meta alla volta dell’est in fuga dall’Impero.
    Sulla loro strada si erano imbattuti in un’isola minuscola formata da un breve tratto di costa che dava spazio a una grande foresta, con al centro un vulcano maestoso.
    Scesi ad esplorare avevano scoperto che era disabitata e quindi l’avevano conquistata e battezzata l’Isola dall’Anima Burbera, per i continui borbottii del vulcano.
    Da allora erano trascorsi pochi giorni.
    Darsilius aveva scoperto nell’entroterra un antico monastero con rune naniche scolpite nella roccia.
    Il monastero era situato nel cratere del vulcano.
    Entrando nel monastero erano stati attaccati da selvaggi Spiriti Protettori che avevano causato gravi perdite ai ribelli. Essi riuscirono a sconfiggerli,ma buona parte di loro ci lasciò la pelle.
    Furono seppelliti all’esterno dell’abbazia,insieme agli scheletri trovati in qua e là.
    Darsilius aveva continuato ad andare avanti fino al centro del monastero,dove aveva rinvenuto un altare di Yvotar.
    Esso racchiudeva il sapere dei Drusi,gli antichi druidi della Terra Profonda che avevano lasciato il mondo di Darsilius da secoli e secoli.
    Esistevano sette Drusi una volta,due furono spazzati via nell’attacco dei Demoni a Tol’Iaphet,la città della magia;gli altri Drusi fuggirono attraverso un portale e non ritornarono mai più.
    Prima di scappare essi crearono due altari di Yvotar per lasciare la magia nella Terra Profonda.
    Uno si trova a Tol’Iaphet,l’altro nell’Abbazia Perduta su un’isola sconosciuta.
    Darsilius si trovava lì adesso in preda all’eccitazione, era nell’Abbazia Perduta!
    Era riuscito in quello in cui avevano fallito gli studiosi della Terra Profonda!
    I ribelli al suo seguito si fermarono a qualche passo di distanza da lui e il capitano avanzò verso l’altare.
    Era come quello di Tol’Iaphet: circolare,costruito a livelli e piccolo.
    Entrò a passo sicuro nell’edificio e piombò nel buio caratteristico dell’altare.
    Qui una voce lo fece sobbalzare.
    <<Darsilius…Darsilius>> la voce era soave e suadente e il capitano si lasciò inebriare dal suo suono dolce e incantato.
    <<Darsilius,caro, non sai quanto ti ho aspettato! Vuoi apprendere il sapere dei Drusi?Allora avvicinati alla Pozza Arcana e bevi un sorso dell’acqua pura>>. Una fonte apparve davanti a Darsilius e questi si avvicinò meravigliato,mise le mani a conca e bevve.
    Un liquido fresco gli scese in gola rinfrescandolo.
    Poi giunse il dolore.
    Era un dolore lancinante all’altezza delle scapole,Darsilius s’inginocchiò a terra tentando di gridare, ma la voce sembrava essersene andata rendendolo muto.
    Dalla sua schiena uscirono due ali colossali e cessò il dolore.
    Il capitano si avvicinò alla Pozza e guardò il suo riflesso nell’acqua inorridito: la sua faccia era diventata una maschera d’orrore e suoi occhi blu erano cambiati in rosso sangue, alle sue spalle due ali facevano da sfondo al suo orrore e aveva due corni sulla testa. Un ghigno si allargò sulla bocca di Darsilius,ora aveva il potere di schiacciare qualunque nemico. Uscì dall’altare di Yvotar per raccontare la novità ai ribelli, ma essi appena lo videro cacciarono un urlo e andarono all’attacco.
    Il capitano non ebbe tempo di fermarli e dovette difendersi, una mano artigliata corse alla gola di un aggressore e la perforò, l’altra trapassò il corpo di un attaccante. Darsilius era velocissimo, in pochi istanti aveva fatto fuori cinquanta dei settanta ribelli superstiti e infieriva contro gli ultimi.
    Un ribelle lo colpì con la lancia al braccio e il dolore fece esplodere l’ira del capitano, emise una vampata d’energia tale da scaraventare sui muri i ribelli uccidendone diciannove.
    L’ultimo era uno dei generali di Darsilius,il più fedele.
    Egli lo prese in spalla, entrò nell’altare di Yvotar e gli fece bere l’acqua pura.
    Darsilius mormorò<<Sono tuo servo e debitore, permettimi di estinguere il debito seguendo il tuo volere, qualunque esso sia>>.
    La voce gli ordinò di radunare un esercito per lei e di partire alla volta della Terra Profonda, lui assentì. Un urlo lo riscosse dal dialogo, il suo generale si era trasformato in demone come lui ma non aveva ali.<<O questa?>>esordì Darsilius<<Non ha le ali?>>.
    La voce gli spiegò che il generale non aveva bevuto di volontà sua ma costretto e quindi era meno potente.
    Alcuni giorni dopo Darsilius partì per la Terra Profonda con il generale su un drago, generato per richiesta del capitano dall’altare, che lo seguiva lentamente.
    Da allora ebbe inizio l’era di Darsilius o come fu ricordata in seguito, il Tempo dell’Arcano…



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    Messaggio Da Ishramit Dom Apr 06, 2008 7:51 pm

    Mi dispiace per il ritardo ma eccovi il II capitolo...
    INFERNO


    A questo punto vengo assalito dalla curiosità e apro il libro. Nella prima pagina vi è scritto: ”Quello che stai per leggere è il racconto di quel che ho visto durante la mia permanenza in questa terra. leggendola capirai ciò che è successo, succede e succederà, consideralo un gesto di compassione verso la razza che un tempo amai e che ora si sta estinguendo, affido a te il compito di salvare gli umani da loro stessi, ma ricorda… Se infine riuscirai l’unico che dovrai ringraziare sarà il Signore…” Già queste poche righe mi hanno spaventato… Vorrà forse dire che un pericolo incombe sull’umanità e che io ho il potere di fermarlo? Impossibile… Mah… Salvare gli umani da loro stessi che vorrà mai dire? Continuo a leggere, inizio ad osservare le prime righe e… Il libro non è più tra le mie mani! Mi guardo intorno, non sono più nella mia camera, cosa sta succedendo?

    Mi trovo in uno strano luogo, non vi è nulla, né luce, né vento, niente di niente, solo una totale ed imperforabile oscurità…

    Ad un certo punto il silenzio si ruppe, una voce urlò: ”Lord Samael, ci siamo riusciti, l’abbiamo preso!”.

    A quel punto mi si avvicina un uomo, non riesco a vederlo bene a causa dell’oscurità ma ecco che dalla parte opposta ne arriva un altro seguito da un ragazzino che assomiglia terribilmente a quello della sera scorsa… Stranamente riesco a vederlo benissimo…

    L’uomo accanto a lui esclama, esaltato: ”Perfetto, finalmente una buona notizia, non credi Ishramit?” il ragazzo fa cenno con la testa, lo sguardo perso nel vuoto.

    “Cos’hai, non sei felice? Finalmente faremo piazza pulita di quella feccia!”

    E il ragazzo ribatte: ”Padre, perché vuoi distruggere gli umani? Non è saggio andare contro di Lui, così non ti dimostri migliore di Lucifer”

    E Samael risponde: ”Ti sbagli Ishramit! Lui li ha creati, li chiama figli! Non capisci? Vuole rimpiazzarci!”

    Il ragazzo scuote il capo in segno di resa.

    “Padre, il Flauros è da questa parte!”

    “Quante volte ti ho detto Caelor che non posso neanche guardarlo? E’ per questo che lo devi usare tu!” Così sento una voce incorporea che, evidentemente, si rivolge a me:”Sentivo che dovevo fare qualcosa, mio padre aveva perso il senno e, invece di vegliare sugli umani come tutti coloro che appartengono alla mia specie, decise di distruggerli, diceva di sentirsi trascurato, così decisi di ostacolarlo.”

    Il ragazzo inizia a correre verso il fratello e gli chiede: “Dov’è il Flauros?”

    E questi risponde:”Di là.” E gli indica la strada.

    Così mi ritrovo in un'altra stanza, identica a quella di prima, un oggetto piramidale risplende di una strana luce rossa.

    In questo momento Ishramit entra nella stanza e afferra l’oggetto, il quale si apre comn una grande esplosione e con la conseguente scomparsa del ragazzo.
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    Messaggio Da Ishramit Ven Ago 22, 2008 11:15 pm

    Il III capitolo(anche se nessuno me lo ha chiesto:
    3

    PARADISO




    Leonard era nello studio di uno psicologo e, nonostante questi gli chiedesse spesso di fermarsi, continuò a parlare e a raccontare di ciò che aveva visto.

    Quindi affermò che dopo l’esplosione si era ritrovato in un altro luogo, neanche lì riusciva a vedere niente ma questa volte a causa della luce accecante, ma che non sentiva più la paura, scomparsa per far posto alla gioia, forse provocata da quel dolce calore che si avvertiva nell’aria.

    A questo punto il dottore lo colpì ed egli smise di parlare:

    “Signor Rhine, le volevo chiedere di raccontare più lentamente…”

    “S-si, scusi, ero talmente preso…”

    “Non importa, continui pure…”

    Allora, ero arrivato in quel luogo, e non riuscivo a vedere niente, tranne Ishramit. Egli stava in piedi avanti a me, coprendosi gli occhi, probabilmente anche lui era rimasto accecato.

    Ad un certo punto sentii una voce, essa ripeteva:

    “Vieni qui Ishramit, ho bisogno di parlarti!”

    E l’altro rispose:

    “Chi sei? Dove sei? Aiutami, non riesco più a vedere!”

    “L’unica cosa che devi fare è aprire gli occhi!”

    In quel momento si levò un urlo, quel ragazzo doveva aver provato un dolore indescrivibile, ma poco dopo lo vidi inginocchiarsi e ringraziare un’entità che io non riuscivo a vedere.

    “Bentornato Ishramit, ti aspetto da davvero molto tempo…”

    “Signore, ditemi, perché sono qui? In che modo posso servirvi?”

    “Perchè mi parli così? Non sono il tuo signore, parlami come parleresti ad una persona che ami, per cui provi amore.”

    “Amore? Cos’è l’amore? E perché dovrei parlarvi in altro modo? Dopotutto voi risvegliate in me un’emozione talmente gradevole, non ho mai sentito tutto questo calore”

    In effetti era vero, il luogo n cui mi trovavo era pervaso di un’atmosfera talmente calda e sollevante che mi fece dimenticare tutte le mie preoccupazioni.

    “Perché il compito che sto per affidarti non può essere svolto per semplice fedeltà, tu sei nato per servirmi proprio come tutti i tuoi simili ma questa volta per riuscir nell’intento dovrai volerlo con tutto te stesso, poiché io non ti costringerò”

    A questo punto il giovane si alzò:

    “Dimmi, allora, perché devo farlo proprio io? Non hai ancora risposto alla mia domanda!”

    “Alle tue domande vi sarà presto risposta ma sappi che ho scelto te perché hai dimostrato di saper scegliere da solo la via giusta, strappando il Flauros dalle mani di Samael!”

    Ishramit si arrese:

    “Allora, cosa devo fare?”

    “Come già saprai, voi non siete le uniche creature che ho creato, ce ne sono molte altre, di alcune non avrai mai sentito parlare, ma ci sono degli esseri a cui ho concesso la libertà.”
    ”Gli umani…”


    “Esatto, in essi ho riposto parte della mia essenza, ma si possono ingannare facilmente, anche se il loro futuro è segnato possono sbagliare e ad un certo punto potrebbero anche scegliere di affidare la loro anima a Helel.”

    “Pensavo che fosse sempre stato così, dato che nel periodo di prova le loro azioni sono libere…”

    “Infatti, ma un’entità ora vuole impadronirsi di loro per distruggerli, guidata dalla gelosia, Samael”

    “Mio padre…”

    “Il tuo scopo è impedirlo”

    “Come posso farlo?”

    “Metatron ti spiegherà tutto, la sua somiglianza con Samael lo rende la persona che lo conosce di più dopo di me, poi hanno avuto anche delle divergenze quindi Metatron mi ha chiesto di lasciare il compito a lui.”

    In quel momento un’altra figura si avvicinò e chiese ad Ishramit di seguirlo, così lo feci anch’io.

    Entrammo in una stanza tappezzata di strani simboli, al centro dei quali appariva la stessa forma geometrica: il triangolo.

    In questo luogo c’era anche una strana finestra che si apriva verso un ambiente oscuro.

    Ad un certo punto Metatron si rivolse ad Ishramit:

    “Il signore ha affidato a te il compito di fermare Samael, quindi dovrai sapere alcune cose…

    Innanzi tutto dovrai apparire come un umano, questo ti riuscirebbe meglio se tu fossi uno di loro…”

    “Ma io non lo sono!”

    “Nel posto in cui andrai lo diventerai, ma ci sono alcuni aspetti che t’intralcerebbero, oltre la difficoltà d’adattamento che proverai all’inizio, quindi ti sarà concesso di poter ricorrere alla tua vera forma in caso di necessità e il Tempo non avrà effetto su di te.”
    ”Tempo? Cos’è il Tempo?”


    “Diversamente da quelli come me e te, gli uomini e le creature che vivono insieme a loro non vivono eternamente come tali e, prima o poi, muoiono, tu invece non morirai, non potrai tornare qui rima di aver portato a termine il tuo compito, a meno che tu non scelga di rinunciare, in quel caso potrai fare ritorno immediatamente…”

    “ Bene.”

    “Hai ancora il Flauros con te?”

    “Si”

    “Dammelo, ti verrà restituito quando saprai come usarlo”

    Ishramit porse con riluttanza l’oggetto a quell’essere, ora seduto su un trono, mentre una frusta calava inesorabile verso di lui.

    “Ora iniziamo, oltre questa finestra vedrai qualcosa che ti renderà invulnerabile al tempo, sei pronto?”

    “Si, lo sono.”

    “Allora osserva questo punto oscuro, esso è fonte di vita per gli umani, lo usano anche per osservare il tempo scorrere.”

    Io mi avvicinai alla finestra e non vidi altro che un grande oggetto luminoso, che fosse il sole? Eppure si parlava di “frammento di oscurità”.

    Ad un tratto la forma del sole cambiò, si trasformò nel simbolo sulla copertina del libro, iniziò a girarmi la testa e svenni…
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    Messaggio Da Red Apple Dom Ago 24, 2008 8:54 pm

    Ok, intanto mi scuso per il ritardo del commento, ma non ho potuto leggere questo terzo capitolo prima di stasera.
    Allora posso dire che mi piace. Scrivi veramente bene. A me sinceramente piace poco il fatto che i dialoghi li elabori poco.(Es. Lui disse: "discorsoA" "discorsoB" "DiscorsoC" ecc.) Cioè preferisco che s'intermezzi con fasi descrittive. Comunque questo è solo un giudizio personale. Sono curioso di leggere il continuo^^
    P.S.: Ti conviene aprire un topic copiando e incollando questi capitoli e poi postando quelli nuovi^^ Credo che comunque venga più ordinato.

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